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Quello che resta del viaggio

Il ritorno è sempre la parte più difficile e al tempo stesso più bella del viaggio. Per me, che sono una persona tendenzialmente abitudinaria, tornare ai miei ritmi, alla mia routine e ai miei spazi, ad un certo punto diventa quasi una necessità. Ogni viaggio (fisico o mentale) lascia dentro di noi qualcosa di profondo e importante, si torna a casa sempre con un bagaglio nuovo.

Da quando ho iniziato questo blog e ho cominciato a vedere i viaggi non come vacanze ma come “percorsi”, faccio molto più attenzione a quello che mi porto a casa, e cerco di interiorizzarlo per poterlo usare poi nella vita di tutti i giorni. Credo che il viaggio possa essere una lezione di vita che ci serve per ampliare il nostro “kit di pronto soccorso” per le difficoltà.

Cosa ho imparato da queste 3 settimane in giro per la West Coast?

  • Non tutto è controllabile e programmabile. Come diceva qualcuno “shit happens!” Sono partita per questo viaggio con una programmazione serrata su spostamenti, posti per dormire e cose da fare, per prima cosa perché pianificare ogni dettaglio è nella mia natura e seconda cosa perché questo è il migliore dei modi che conosco per contenere i costi. Ovviamente una serie di imprevisti ci hanno portato a cambiare i piani (Yosemite Park chiuso a causa incendi, gita in kayak annullata causa troppo vento, imprevisti vari ed eventuali) cosa che all’inizio mi ha disturbato un po’, ma in fin dei conti ha reso tutto il viaggio più movimentato e imprevedibile. Mi rendo conto che sono più portata all’azione (e quindi a trovare soluzioni alternative) se sono in gruppo; la mia voglia di far stare bene gli altri attiva il mio cervello, mi fa pensare meglio e più velocemente. Nei prossimi mesi vorrei riuscire ad essere così reattiva anche se sono da sola, mi rendo conto che la felicità degli altri non dipende da me, ma sono più disposta a trovare energie per il bene del gruppo che non per il mio.
  • La paura di avere paura è, nel 90% dei casi, quello che ci blocca. Credo sia normale avere paura, specialmente in situazioni che non conosciamo. Questo viaggio faceva paura (niente di tragico eh, più che altro timore) per alcune cose che mi sono girate in testa finché non sono atterrata in America. Continuavo a dirmi “e se hai perso tutto il tuo inglese e non riuscirai a comunicare?” oppure “e se guidare per tutti quei chilometri per strade che non conosci ti farà fare tre settimane con l’ansia?”, o ancora “se le aspettative sono troppo alte e questo viaggio sarà una delusione?”. Tante domande a cui non sapevo (e non dovevo) dare una risposta, domande che però hanno alimentato un po’ di ansia pre-partenza, domande che poi hanno trovato una naturale risposta mentre vivevo il viaggio. “Se c’è soluzione perché ti preoccupi? Se non c’è soluzione perché ti preoccupi?” diceva Aristotele, e qui torniamo al punto numero 1 di quello che ho imparato: se c’è una soluzione attivati per metterla in atto, in caso contrario semplicemente accetta la cosa e passa oltre.
  • Restare attaccati al passato (con la voglia di riviverlo) è un grosso errore. Sono arrivata a San Diego carica di aspettative e liste di cose da fare e da vedere, quasi tutte ovviamente erano una finestra sul mio passato. Volevo assolutamente rivedere i luoghi che 9 anni fa mi hanno “fatto diventare grande” e volevo respirare di nuovo quell’aria di cambiamento positivo che ti aiuta ad andare avanti nei momenti bui. #SPOILER: non si può fare! Perché? Intanto perché una città cambia molto velocemente, la metà delle cose che c’erano anni fa ora non ci sono più, o sono diverse o me le ero immaginate; seconda cosa perché io non ho più gli occhi e il cuore del 2009 e quindi, inevitabilmente, vedo la realtà in maniera diversa. Qualche imprevisto mi ha impedito di godermi come avevo pensato i giorni a San Diego, ma sapete che vi dico? MENO MALE! In questo modo i miei ricordi si sono salvati, sono ancora incastonati dentro di me, lindi e puliti come 9 anni fa, non si sono sciupati, non sono implosi e sono ancora lì, pronti ad essere tirati fuori in caso di bisogno! In compenso mi sono regalata nuovi ricordi, più adatti ad una 34enne, che vanno ad arricchire il mio bagaglio di esperienza.
  • Ogni luogo possiede delle emozioni che inevitabilmente ti restano attaccate addosso. La cosa più bella di questo viaggio (vabbè, ok…una delle cose) è stata la varietà di esperienze, paesaggi e situazioni. Sono passata da caotiche città come San Francisco e Los Angeles, ai grandi parchi e canyon dove sei immerso nella natura, a luoghi dimenticati da Dio e dagli uomini come Tropic o Tuba City. Ogni pezzettino che ho visitato mi ha regalato sensazioni diverse, colorate e inaspettate. Ho capito che non è necessario trovarsi in un luogo remoto e lontano dalla civiltà per riconnettersi con se stessi, ma che ogni posto ha qualcosa da dare e da raccontare, e più noi stiamo in silenzio (si, anche nel bel mezzo di Sunset Boulevard!) più possiamo “sentire” quello che ci circonda. Imparare ad ascoltare i diversi spazi con l’orecchio giusto è il regalo più grande che possiamo farci durante un viaggio, ci darà la possibilità di non essere mai delusi.
  • Il segreto per un viaggio ben riuscito (e per una buona vita) è l’equilibrio. Sono una persona che si entusiasma tanto per tutto ciò che è nuovo, e che si annoia con altrettanta facilità pochi minuti dopo! Per questo cerco sempre di pesare equamente le attività di viaggio: un po’ di natura, un po’ di città, un po’ di cultura, un po’ di sana ignoranza, un po’ di cose in compagnia e un po’ di momenti di solitudine; bilanciare tutti gli ingredienti è la ricetta magica che fa funzionare le cose.

 

Alla Monument Valley ho comprato un piccolo libro di leggende indiane, che ora è sul mio comodino in attesa di essere letto. Ho un particolare rito di iniziazione con i libri, prima di cominciarli leggo sempre l’ultima frase, e quella che ho trovato in questo mi sembra perfetta come mantra per i prossimi mesi:

“When you arise in the morning, give thanks for the morning light, for your life and strenght. Give thanks for your food and the joy of living. If you see no reason for giving thanks, the fault lies within yourself”

Tecumseh ­– Capo Indiano Shawnee

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